Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/207

Da Wikisource.

libro primo 201

inverecundo, atto a ogni disonesta improbità e maleficio, costui fra loro è el più richiesto. Niuno atto, niuno detto, niuno fatto se non impudentissimo piace loro. L’uscio aperto la notte; chi esce, chi entra ognora forse con qualche furto. Aspettano la cena; bevazzando in cena si caricano di molta crapula, parole stolte, rise inettissime, gesti immodestissimi. Dopo cena escono di casa ebbri di vino e di certo furore che arde in loro a far qualche cosa scellerata e pazza; errano per la terra dispiacendo e iniuriando qualunque e’ possono; ritornano gloriandosi de’ malefici loro, e ricenano la seconda volta e perseverano bevendo perfin che ’l bollor del vino gli soppozza nel sonno. Le bruttezze e scellerataggine lor comesse la notte ivi mi fastidirebbe raccontarle. Niuno di loro mai vide levare il sole; anzi perduto in quel buio gran parte del dì, quando gli altri industriosi tornano a desinare, questa brigatella ancora sonnefora oppressa dalla crapula d’iersera, voltolansi fra le piume tanto che sono stracchi di iacere, lievansi, e mentre che e’ si vestono, pur beono ed empionsi di golosità. Indi a poco divorano ciò che loro sia posto in mensa con ingluvie pari a bracchi affamati. Non molto doppo a desinare ancora pur beono; indi a poche ore merendano, anzi desinano un’altra volta e beono. Che maraviglia se costoro bene inzuppati di mosto fanno e dicono come gli altri ebbri. Vedili adunque, secondo che questo sarà prono ad ambizione ed elazione, questo altro a lascivia e levità, quell’altro a durezza e malignità, ciascuno segue senza modo el vizio suo. Disputano di cose oscene o inettissime senza intendere o pensare quel che si dica; niuno tace, tutti latrano a uno impeto e furore; danno risposte alienissime; dicono parole villane; sentesi l’altercazione e convizio loro per tutta la vicinanza; caggiono fra loro le contenzioni di cose vane, vili e abiettissime e massime amatorie. Quinci temulenti, inconsiderati, precipitosi adoperano fra loro ogni decezione e perfidia, crescono le gare, seguono e’ discidi. Perturbagli la invidia se altri consegue, impazzano se non possono quel che vorrebbono, diventano rattori, ottrettatori, calunniatori, insidiatori, perfidi, e fanno in sé abito d’ogni corruttela. Obbrobrio della città, meritano essere portati in qualche insula deserta a ciò che tanta peste non vizi gli altri.