Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/327

Da Wikisource.

uxoria 321

altro incommodo che solo la fama e romore del volgo, e colui meglio consigliarsi quale non rompa in ira agravando a sé stessi incommodo; e imporrannomi che per loro e per mio onore io non sia quello che faccia la plebe testimone di tanta nostra comune infamia.


11.     «E a me qui che partito si doverebbe? Non punirla? Forse quella con intera e piena licenza persevarebbe essere ogni dì più impudicissima. S’io forse cercherò punirla, non sanza grave mio pericolo, non sanza crudelità, né sanza gravissima sollecitudine e molestissime cure potrò vendicarmi. E s’io pur la punissi, che altro asseguirei io che solo, in luogo de eredità a’ miei figliuoli dalla madre, brutto nome e perpetua infamia insieme e odio e disgrazia de’ cognati suoi e capitale inimicizia de’ congiunti a chi amava. Più fie utile adunque dissimulare non vedere quello che non bene si possa emendare, che mostrarsi curioso dove el tuo investigare poco ti giovi; estimare in miglior parte tanto darli occasione che ella dove seco forse così deliberi satisfarsi, possa sanza interpetri saziarsi. E fie utile non ascoltando, non mostrando credere, raffrenare gli ollocutori a meno parlare di cose a loro incerte e a me mal grate, e al tutto fare sì che per me loro non cresca occasione da sospettare né da parlare de’ costumi di chi sia detta mia; e se vedranno me uomo non stolto così trattarla come molto da me amata e approvata onesta e pudica, non sarà chi stimi altri ne’ fatti altrui più vegga che me qual sia in mie cose pur diligente.


12.     «Questo adunque fu mio consiglio tacendo e dissimulando soffrirla, quale chi sarà che non lo giudichi prudentissimo e iu-