Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/331

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uxoria 325

dei cittadini. E quanto, interi quelli anni ch’ella meco fu in vita, constanza in me fussi e verile perseveranza con maraviglioso contenere e moderare me stessi, chi potrebbe racontarlo? Vedea io gli amanti or l’uno or l’altro el dì e la notte assidui, instavano, perseguitavano, sollecitavano. Io fuggia vedere, dissimulava avere veduto, tacea. Non mancava chi per mostrarsi ne’ fatti miei più curioso non li bisognava, mi riferiva cose quali io mi sapea. Occoreano non pochi che per dirmi cosa mi dispiacessi narravano sue istorie; e non rari, per pormi in odio chi essi inimicavano, fingeano cose moleste. Alcuni ad altro proposito e fine porgeano suo detti e sentenze, quali io potea interpetrarle dette per me. Da infinite parte era eccitato, tratto, impinto a rompere in qualche inconsulta ragione di vendicarmi e d’acrescermi inimicizia e infamia. E io constante, offermato, sempre placabile, equabile, lenissimo, mai per qual si fusse altrui favole volli né meco essere né con altri parere perturbato o in parte alcuna commosso o concitato a mala ira e inutile sdegno. E parsemi divino consiglio essere alla donna tale che, ove ella in me nulla desiderasse a contentarsi, ivi in me ella volesse nulla essere men che ottima e continentissima.


15.     «Voglio essere in questa causa remisso, e dicendo nulla più che in la mia quale descrisse vita, veemente. Sarebbe chi simile a me si glorierebbe e domanderebbe dove altrove in qual