Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/333

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uxoria 327

si sia marito si trovassi tanta ragione in suoi consigli, tanta mansuetudine e placabilità d’animo, tanta continenza e modestia, tanta perseveranza e fermezza, che maritato a femmina iniqua, inetta, arogante, insolente, con ordine e modo prestituisse a sé utile e ottimo instituto a bene e beato vivere, continuando suo modesto incetto di perseverare a sé e a’ suoi buon nome e intera fama, e più e più anni soffrendo, tacendo, dissimulando, imperando, reggendo sé stessi mai commettessi per ira o subitezza cosa onde poi gli bisognasse dire: non vorrei così avere detto o fatto. Gli altri mariti, per gravi e riposati che sieno, per ogni minimo a sé sospetto guardo ingelosiscono, vivono in sollecitudine gravi a se stessi e molesti a chi seco vive. A me, né guardi, né atti, né parole, né cosa per inetta che facesse la donna mia, mai posero in animo sinistra alcuna suspizione.


16.     «E ancora chi con più copia volesse estendersi direbbe ne’ campi, in essercito e fra l’uso dell’armi solere un solo consiglio, una sola opera, una sola ora, una sola vittoria rendere glorioso in tutta la vita e famoso colui in chi la fortuna più che la sua virtù fu da essere premiata, se così s’afferma la fortuna molto valere ove Marte se impacci. Ma in sé direbbe costui essere stata perpetui anni essercitata sua virtù, e d’ora in ora esserli bisognato innovare e adoperare suoi ottimi consigli, esserli stato opera continua star pronto e desto con certa ragione e virile sofferenza che da parte niuna sua prudenza o virtù si possa in lui desiderare, e sua essere propria laude e sola sua, dove non