Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/416

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410 nota sul testo

di M. Prescindendo da alcune integrazioni essenziali fatte dall’autore su M, si può dire che due codici, Ca e V5 (quest’ultimo per il solo libro I) rappresentano lo stato del testo anteriore alla revisione autografa, il quale è pure quello delle edizioni a stampa del ’500. Gli altri tre codici, E A e P, contengono invece alcune delle correzioni e aggiunte fatte su M (9 in tutto), ma non tutte (manca una buona dozzina), mentre A e P si distinguono da E per molte lezioni e lacune comuni.

Le varianti che confortano questa constatazione sono tutte registrate nell’apparato critico che segue. Basti qui indicarne i principali elementi e dare gli appositi rinvii a pagina e riga del testo e dell’apparato:

1. - Correzioni e aggiunte fatte su AI, rispecchiate da B e W, ma non da A P E Ca V5 : pp. 59, 6; 60, 20, 23, 25; 61, 28, 32; 62, 6; 63, 2, 13; 78, 22; 83, 4, 20; 94, 8, 15-16; 98, 7.

2. - Correzioni e aggiunte fatte su M, rispecchiate da tutti gli altri codici salvo Ca e V5 (quest’ultimo per il solo libro I): pp. 58, 18; 62, 7; 63, 6; 69, 26; 73, 3; 81, 29; 86, 15-19; 91, 3, 17-19-. (Si noti però che l’aggiunta del nome a p. 91, 3, manca pure in E, e che ad E solo è passata l’aggiunta del nome a p. 82, 31).

Nelle edizioni a stampa del ’500 mancano tutte le aggiunte e correzioni qui elencate: derivano cioè da un testo affine a Ca. Per altri particolari e varianti entro le edizioni vedi l’apparato (ove ne figurano soltanto alcune lezioni più importanti) e il mio articolo preparatorio citato sopra.

3. - Correzioni e aggiunte fatte su M che non figurano in nessun altro manoscritto: pp. 59, 20; 67, 17; 73, 6; 86, 25 (le prime due sono piccole cose di non grande importanza). Ma oltre a queste, W e B si distinguono da M per altre varianti comuni, alcune provenienti certamente da errori di lettura: pp. 63, 6; 74, 20; 75, 35; 77, 33; 80, 1; 81, 1, 10, 33, 35; 84, 3; 89, 17; 98, 34; 103, 11, 35. D’altra parte B dimostra di essere stato collazionato e corretto su W (o su un altro codice affine): vedi per esempio pp. 66, 3; 83, 20; 93, 35.

Il numero dei manoscritti dovette essere una volta assai più grande (l’Alberti stesso, nella lettera a Leonello, dichiara i suoi «libretti» richiesti da molti), ed è difficile ricostruire uno stemma che tenga conto di questo stato di cose rivelato dai codici superstiti. Ma supponendo che M sia stato capostipite di E A P W B, che ne discendessero in vari modi