Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/97

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libro secondo 91

noi veneno e morte, e quasi possiamo affermare nulla trovarsi fra e’ mortali in quale non sia forza di darci a morte. Un pelo beuto fra el latte strangolò Fabbio senatore. Uno acino d’uva strozzò Anacreonte filosofo. Ma che più? Non solo la essalazion, quale fumma d’alcune aperture della terra, come presso a Pozzuolo e presso a Suessa, uccide, ma e ancora el fummo della lucerna spenta anneca el parto e dàllo abortivo. E non solo queste cose materiali, ma e in qualunque vòi altra cosa troverai morte. L’agitazion dell’animo ci sta mortale. Scrive Flavio Prisco, siracusano istorico, che ne’ tempi quando Caro Augusto principe romano uscì di vita, molti da subiti tuoni impauriti caderono e perirono. Chilo filosofo, Dionisio tiranno, Sofocles tragico vittore per troppa letizia usciron di vita. E quella donna in sulle porte di Roma vedendo el figliuolo, quale essa avea udita essere morto, per letizia cadde. P. Apuleio, udita la repulsa del fratello, per dolore espirò: Filemon pel troppo ridere. Omero investigando solvere uno enigma datoli da’ pescatori, in quel pensiero mancò. Isocrate, quale nato anni sei e novanta scrisse e’ panogirici, udita la clade de’ suoi ateniesi ricevuta in Cheronia da Filippo, per dolore espirò. El subito e veemente vergognarsi uccise Diodoro filosofo. Aulo Manlio Torquato per troppa volontà di mangiare una torta perì. A Tales milesio el tedio d’ascoltare e’ poeti tragici, e a Crisippo figliuolo d’Apolline el ridere fu mortale. Cosa quasi incredibile che le parole fascinino e perdano gli uomini. Lucio Luccullo, summo principe romano, impazzò a morte guasto da incanti amatori. Curione oratore si dolea in iudizio avere per simile malefici perduta la memoria. Agiugni le altre infermità quale già tante passate età con tante vigilie, tante investigazioni, tanta industria, tanta copia di scrittori e volumi, tanta varietà di rimedi possono né vietarle né ben distorle. E insieme aggiugni e’ nuovi e vari morbi quali di dì in dì surgono a’ mortali. In Roma e non quasi altrove ne’ tempi di Tiberio Cesare scriveno sopravenne nuovo malore non pericoloso a morte ma contagioso e fastidiosissimo. Cominciava al mento, poi dagli occhi in fuori copriva tutta la persona, e cadevagli la pelle d’ogni membro in minuta furfura. El carbunculo, pessimo male ne’ tempi di Luzio Paulo e Quinto Marzio censori,