Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. III, 1973 – BEIC 1724974.djvu/412

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408 nota sul testo

penda appunto da quella stampa, e che l’attribuzione della novella all’Alberti sia nata da un ragionamento di copista analogo a quello fatto dal Bonucci. Tale sospetto è rafforzato dal fatto che la novella figura in A accanto a Ecatonfilea e Deifira, tutt’e due intitolate precisamente come sono nella edizione padovana; la novella invece, anepigrafa nell’edizione, porta in A un titolo che potrebbe sembrare quasi una ripetizione o rifacimento di quello dato nell’edizione a Ecatonfilea, cioè De amore. D’altra parte, come abbiamo già visto per Ecatonfilea (sopra, p. 373 sgg.), i testi di A e della stampa del 1471, pur essendo assai vicini, non sono identici; e la situazione è precisamente uguale nel caso della novella. Mentre si può escludere, in base a quanto si è detto, che la stampa del 1471 dipenda dal cod. A, le varianti tra i due testi, che si potrebbero spiegare come interventi o errori di copista, non escludono la possibilità che A derivi dalla stampa padovana. Anche con ciò rimane il problema dell’attribuzione esplicita nel cod. A, sorta non si sa se da un’ipotesi di copista del tipo su accennato oppure da altre fonti o testimonianze. Bisogna perciò concludere che l’attribuzione della novella all’Alberti nel cod. A è di valore incerto.

Il codice L invece (e il suo affine F17) ci dà una redazione della novella alquanto diversa da quella del gruppo II (e ancora più, come vedremo, da quella del gruppo I), e il titolo e l’attribuzione in L non sono uguali a quelli di A. Esso è certamente indipendente, dunque, sia dal cod. A, sia dalla stampa padovana. Inoltre L ci dà la novella con attribuzione esplicita e precisa all’Alberti tra poesie di altri membri della stessa famiglia, di Antonio e di Francesco d’Altobianco; il che fa pensare che il codice fosse stato messo insieme da qualche parente, o almeno da qualche ammiratore della famiglia Alberti. È impossibile datare il codice, che sarà degli ultimi decenni del ’400; ed è ugualmente impossibile perciò escludere del tutto una eventuale suggestione esercitata sull’attribuzione dalle tre stampe del 1471, anche se il testo di L non corrisponde a quello dell’edizione padovana. Nondimeno questa indipendenza di L (affiancato dall’affine cod. F17 del 1467) ci persuade più di qualsiasi altra considerazione a prendere sul serio la probabilità che la novella sia opera dell’Alberti.

Sorgono spontanee a questo punto alcune domande: sarebbe ragionevole ascrivere questa novella alla penna dell’Alberti? e quando mai l’avrebbe composta? Quanto alla prima, non ci sono altri contendenti. Feliciano sarà probabilmente responsabile della redazione più ampia rappresentata, come si vedrà, dal gruppo I, ma difficilmente poteva essere autore della versione fiorentina, mettiamo del cod. F17.