Pagina:Alberti - Della architettura della pittura e della statua, 1782.djvu/181

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libro settimo. 159

fusse il primo Dio da essere adorato. In Fenicia, dicono che Usone, fu il primo che rizzasse simulacri al fuoco, et al vento, et che edificasse Tempii. Altri dicono che Dionisio, cioè Bacco andando in India, nuovo, et forestiere, non trovando in quelle regioni alcune Cittadi, poi che vi hebbe fatte le Città, vi fece ancora i Tempii, et vi ordinò certi modi di religione. Altri dicono che in Achaia, Cecrope fu il primo che edificasse il Tempio a la Dea Opi et gli Arcadi l’edificarono a Giove. Et raccontano che Iside, la quale ancora fu chiamata Dea Legifera, per essere stata la prima infra gli Dii, che havesse ordinato che si vivesse mediante le sue leggi, fu la prima ancora che fece Tempio a Giove, et a Giunone suoi progenitori, et che pose Sacerdoti a la cura di quelli. Ma come fatti in quella età appresso a qual si voglia di costoro fussino i Tempii, non si sà cosi bene. Io crederò facilmente che fussino simili a quello, che era ne la fortezza di Athene, o a quello, che a Roma era nel Campidoglio. Conciosia che essendo ancora la Città florida, e’ l’havevano coperto di paglie, et di canne, esprimendo in questo modo quella pristina parsimonia de loro antichi padri. Ma poi che le ricchezze de Re, et de gli altri Cittadini gli peruaderon che fussi bene che egli honorassino se stessi, et le Città loro, con la grandezza de gli edificii parse loro cosa brutta, che le case de li Dii non avessino ad avanzare di bellezza in qualche cosa le habitationi de gli huomini; et fece in breve tempo la cosa tanto progresso, che ne fondamenti d’un Tempio, essendo la Cittade per ancora massaia, et stretta nello spendere, il Re Numma, consumò quattromila libbre d’argento. Io certo grandemente lodo l’impresa di cosi fatto Principe; percioch’egli hebbe consideratione, et rispetto: et a la dignità de la Città, et attribuì molto a la reverentia, che si deve a li Dii da quali certo doviamo riconoscere il tutto. Ancor che e’ sia stata openione di alcuni, che sono stati reputati savi, che’ e’ non fusse bene consecrare, nè dedicare Tempii a li Dii, et dicono che andando dietro a tale oppenione Serse, abbruciò i Tempii de la Grecia, parendoli male che i Greci havessero rinchiusi gli Dii entro a le mura, a quali debbono essere aperte tutte le cose, et a quali il Mondo ha a servire per Tempio, ma torniamo al nostro proposito.


Con quanto ingegno, cura, et diligentia si debba collocare un Tempio, et adornare, a quali Dii, et dove si ha a porre, et de varii modi de facrificii.

cap. iii.


I
N tutta l’arte del fabbricare non è cosa alcuna dove bisogni havere maggiore ingegno, cura, industria, et diligentia, che nel porre, et adornare un Tempio, perche lasciando stare che un Tempio certo ben fatto, et bene adorno sia veramente il maggiore, et il principale ornamento che habbia una Città, egli certo è pur veramente la casa de gli Dii. Et se noi adorniamo, et pariamo dilicatissimamente le case dove hanno ad habitare i Re, et gli huomini grandi, che faren noi a quelle de superni Dii? i quali vogliamo che invocati venghino a nostri sacrificii, et esaudischino le nostre preci, et le nostre orationi, che se bene gli Dii non stimeranno quelle cose caduche, da gli huomini stimate assai, si moveranno non dimeno da la purità de le cose splendide, et da quella veneratione, et reverentia, che si harà verso di loro. Certamente che per indirizzare gli huomini a la pietà, sono molto a proposito i Tempii, i quali dilettino sommamente gli animi, et gli intrattenghino con gratia, et maraviglia di se stessi. Usavano di dire gli Antichi che a l’hora si rendeva honore a la pietà quando che si frequentavano i Tempii. Et perciò vorrei io che nel Tempio fusse veramente tanto di bellezza che e’ non se ne potesse immagina-

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