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libro decimo. | 255 |
ne porgono con certezza le acque molto sane, et eterne. Il contrario interviene nella creta, che per esser troppo spessa, non ti dà acque; ma mantiene quella, che di fuori li viene. Nel sabbione si truovano molto sottili, et fangose; et nel fondo fanno posatura. De la arzilla escono acque leggieri, ma più dolci che le altre; Del tufo più fredde; del tetreno nero più limpide. Ma ne la ghiaia, se ella sarà sciolta, o minuta, vi si caverà con speranza non certa: Ma dove ella comincierà ad essere serrata più a basso, non sarà speranza incerta il cavarvi. Ma trovatavi l’acqua, ove ella si sia, o ne l’una, o ne l’altra, sarà sempre di buono sapore. Et è manifesto, che aggiuntoci la diligentia de la arte, si cognosce quello luogo, sotto il quale è la vena; Et ne insegnano in questo modo. Essendo il Cielo sereno, ponti la mattina a diacere a buon’hora col mento in terra, dipoi và riguardando per tutto il paese allo intorno, se in alcuno luogo tu vederai levarsi vapori di terra, et salire crespi in aria, come nel freddo inverno suol fare il fiato de gli huomini. Pensati, che quivi non manca l’acqua. Ma accioche tu ne sia più certo, cava una fossa fonda, et larga quattro cubiti, et mettivi dentro intorno al tramontare del Sole o un vaso di terra cavato di fresco de la fornace, o alquanto di lana sudicia, o un vaso di terra cruda, o un vaso di rame sozzopra unto di olio, et cuopri con assicelle la fossa, et ricuoprila di terra: se la mattina dipoi il vaso sarà molto più grave, che non era prima, se la lana sarà bagnata, se il vaso di terra cruda si sarà inhumidito, se al vaso di rame vi saranno gocciole attaccate, et se una lucerna lasciatavi accesa, non harà consumato troppo olio, o se fattovi fuoco, la terra vi farà fumo, certamente non vi mancheranno vene di acqua. Ma in che tempo si debbino far queste cose, non hanno ancora ben dichiarato; ma appresso gli Scrittori in alcuni luoghi truovo questo. Ne’ dì caniculari et la terra, et i corpi de li animali diventano molto humidi, onde avviene, che in quei giorni gli alberi sotto le scorze si inhumidiscono molto, per la esuberantia dell’umore; oltra questo in quel tempo a gli huomini viene flusso di ventre, et per la troppa humettatione de’ corpi son molestati da spesse febbri, le quali in quel tempo sogliono più che il solito haver forza. Teofrasto pensa che le cagioni di quelle sieno, che allhora tirano i venti Australi, che di loro natura sono humidi, et nebulosi. Aristotile afferma, che il terreno è forzato a mandare fuori i vapori mediante il fuoco naturale, il quale è mescolato nelle viscere del terreno. Se queste cose sono cosi, sarebbono buoni quei tempi, ne quali questi fuochi sono o più gagliardi, o meno oppressati da la abbondantia dell’umore; et quelli ancora, ne quali esso terreno non fusse però del tutto arido, et abbruciato. Ma io loderò certamente questi tempi; la Primavera ne luoghi secchi, l’Autunno ne luoghi ombrosi; confermata adunque la speranza da queste cose, che noi habbiamo dette. Cominciamo a cavare per pozzi.
Del cavare, et murare i Pozzi, et i condotti, et i Bottini.
cap. v.
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