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bile ad aprire e chiudere il tubo secondo che le secchie erano pronte, e le pareva che fosse lui il padrone dell’acqua, padrone di lasciar bruciare o di spegnere quel fuoco, e col cuore gli diceva: Natale, buon Natale, per amor della tua mamma, per memoria di quegli anni in cui eravamo piccini e ci volevamo bene, salva la nostra stalla! salva le nostre bestie! Si levò un momento le mani dalle orecchie: le mucche muggivano sempre più lamentosamente ed ella distinse la voce della sua prediletta mucca color della castagna, che pareva chieder soccorso per il suo vitellino che non s’udiva, forse giù morto.... bruciato!
Si rizzò, slanciandosi innanzi per tentar di aprire, di salvarle. L’afferrarono gridando: Raffaella! che fai? sta indietro!
«Voglio aprire! non le sentite gridare? strazian le viscere! E poi son tutta la nostra ricchezza; lasciatemi andare!»
«Sei matta? se fosse possibile l’avremmo giù fatto noi.»
«Allora che fate? perchè lavorate se non è per salvarle?»
«Ma non capisci che il vento minaccia di portar le fiamme sulla vostra casa?»
La giovinetta spalancò gli occhi atterrita, pensando a sua madre malata, e si guardò in giro, smarrita, allargando le braccia e tentando di dire: — O Dio: salvate la mamma! —
Natale cedette il suo posto a due compagni e in un salto le fu vicino. «Raffaella, sta quieta» disse colla sua voce sicura e forte: «ti prometto che riusciremo a isolare il fuoco.»