Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/201

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Gli altri uomini andarono a casa a mettersi le scarpe ferrate, ma Natale tenne con sè Nocente per paura che gli sfuggisse. Un quarto d’ora più tardi la squadra, armata di torcie, di picconi, di fiaschette di cognac e di coperte di lana, era pronta alla partenza nel cortile. Non avevano dimenticato una barella.

«Signor curato, li benedica!» disse una donna singhiozzando. Quegli uomini chinarono un ginocchio a terra sulla neve; soltanto Natale, chi sa perchè, rimase in piedi, col viso pallido illuminato dalla luna.

Il prete li benedisse, e alzò la mano e lo sguardo a ripetere la sua benedizione a quegli che avea ideato e dirigeva quella santa spedizione.

«Che Dio ti faccia la grazia di salvarli tutti, figlio mio!» disse colla voce commossa. «Ed Egli ti compensi di ciò che farai in queste ore per i tuoi simili.»

Lo sguardo di Natale si chinò e tutta la sua anima tremò di un’immensa felicità. Fece per rispondere, ma le sue labbra si aprirono invece a un ineffabile sorriso.

La voce dolcissima di Dorina disse per lui. «Così sia!» e a lui parve la voce della sua propria anima.

Camminarono dapprima in gruppo, su un nevaio, colle loro racchette legate sotto i piedi per non sprofondare troppo nella neve.

Natale, incamminandosi, aveva detto colla voce sommessa a Nocente. «Non allontanarti da me!» E Nocente aveva pensato con un brivido. — E finita! questa notte in un modo o nell’altro mi vuol buttare in un burrone — e si mise in una tasca, a portata della mano, il suo coltello.