Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/36

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ragazzi e a incolpar il povero Natale, e Grazia finì col prendere i suoi panni sgocciolanti e il suo figliolo, e andarsene a casa piangendo.

«Ecco il castigo che mi sono meritata per essere stata troppo orgogliosa della sua robustezza» pensava Grazia. «Nessuno lo ama.» E, ciò che le pareva ancora più doloroso, non era amato perchè nessuno lo comprendeva.

«Non piangere, Grazia,» disse una sera Bernardo. «Teniamoci il nostro figlio per noi, finchè non sia cresciuto tanto da farsi voler bene per la sua bontà. Quando tu dovrai andar alla fontana a lavare, o in chiesa, lo porterò con me; e perchè rimanga in casa nostra quando tu ci sei, ho pensato io che cosa devo fare.»

La mattina si alzò prima del sole e si mise a piantare uno steccato con rami secchi, tutto in giro al suo prato; egli zufolava lavorando, per non sentire la voce dolorosa che gli usciva dall’anima egli diceva; «ecco qui, tu Bernardo chiudi il tuo figliolo come si fa con una bestia cattiva.»

«Me lo faranno diventar cattivo davvero,» pensava intanto Grazia, come se avesse sentito. «Il mio Natale finirà coll’odiar tutti.»

Eccolo dunque in gabbia il povero uccellino, molto stupito che il mondo al di là dello steccato non voglia saperne di lui. Pazienza! egli cercò distrazioni al di dentro; trottava dietro la mamma e s’affaccendava per casa aiutandola in molte cose; a soffiar nel fuoco, a portar l’erba alle mucche nella stalla, a dar il pastone al vitellino, a cercar le uova nel pollaio, a imboccar i pulcini, a dipanar le matasse sull’arcolaio. È vero che faceva volar la cenere per la