Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/44

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«A Valallo c’è quell’alta mia mamma....»

«Sicuro, povera ninetta: sei tornata a casa soltanto ora, e hai trovato già un altro fratellino più piccolo di te e tu devi far la donnina. Ma come mai sei venuta fin quaggiù?...»

«Io, fatto tada lunga lunga....»

«Ma già, e nessuno ti cerca? Se non ti fermavi per guardar Natale tu rotolavi giù per i prati sino al torrente.»

E Grazia si portò in casa la piccina, seguita da Natale che domandava:

«La tenamo noi? la tenamo noi?»

«No, tesoro, la riporteremo a casa sua; ma tornerà un altro giorno. Vero, Raffaella, che tornerai domani a giocar con Natale? Lei non scappa da Natale.... Figliolo mio, abbracciala: così.... non stringer troppo! se no si spaventa e non torna più. Cara piccina! vedi com’è minuta e gentilina: guarda che manine e che piedini....»

Non pareva vero a Grazia di aver tra le mani una creatura così piccola, con un visino ch’ella nascondeva tutta col palmo della mano; la toccava, la carezzava, presa da una gran tenerezza perchè non s’era spaventata del suo colosso come tutte le altre bambine del paese.

La portò in stalla e le diede una tazza di latte, poi col suo bimbone per mano e la bimba in collo salì a riportarla a casa sua.