Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/75

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All’asilo, organizzato col sistema Fröbel, aveva avuto un insegnamento oggettivo, e col gesso sulla lavagna e colla matita sui fogli quadrettati, aveva imparato a tracciare le verticali e le perpendicolari, ma ora doveva fare delle righe che non erano nè le une nè le altre! e su carta semplicemente rigata di traverso!

Il babbo e la mamma si passarono con compiacenza il quadernetto su cui la maestra aveva scritto: Natale Martinez, alunno della I classe elementare, poi esaminarono gravemente il modello di aste tracciato nella prima pagina: sembravano tanti frustini.

Il babbo andò poi in paese a comperare una boccetta nuova d’inchiostro, poi ci tornò per le pennine che aveva dimenticate: la mamma intanto provò tutte le seggiole della casa accanto alla tavola, e finì col fare presto presto, con un pezzo di tela sdruscita insaccata di paglia, un cuscino per rialzare la sedia sempre troppo bassa; finalmente, là sulla tavola di cucina, tutta occupata da quaderni e carte sorbenti, Natale si mise alla grande impresa!

Teneva i gomiti larghi, aveva la facciona rossa e seria e quasi non respirava. Babbo e mamma, chinati con attenzione e con beatitudine, tenevano gli occhi fissi alle dita grassone del figliolo che impugnava con energia la penna. Ad ogni asta il bambino si fermava a guardare, scrollando la testa con aria malcontenta; ma il babbo esclamava:

«Niente paura! coraggio! è fin troppo bene! si capisce che hai imparato a fare i disegni sulla carta quadrettata, guarda che mano sicura! Bell’e grande come sono, io suderei, te lo dico io, Grazia! suderei, e dovessi tirar giù un’asta come quella!...»