Pagina:Albini - Il figlio di Grazia, Milano, Vallardi, 1898.djvu/99

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E Natale era andato avanti, ed ora arrivava alla fine dell’opera.

La mattina dell’ultimo esame, mentre s’avviava colla mamma su per il sentiero del villaggio, arrivati sotto i noci sentirono dall’alto un cucù! cucù! così forte che li fece trasalire.

«Non alzar la testa, Natale» sussurrò Grazia, stringendosi a lui. «È Nocente.»

Quando furono qualche passo avanti, una voce fessa gridò: «è alto come una pertica e va ancora a scuola, ah ah!»

Natale e Grazia seguitarono la loro strada senza voltarsi.

Poi la voce gridò con una risata stridente:

«Guarda, guarda! il papà che mena a scuola la sua bambina!»

Natale si voltò, col viso infiammato.

«Vigliacco! non so dove sei! perchè tu ti nascondi come tutti i vigliacchi! ma verrà il momento, sai, in cui ti accorgerai che cosa sono io!»

La mamma, spaventata, lo prese per il braccio e tornarono a camminare, ma un tremito d’ira scoteva le spalle di Natale.

«È presto detto, non badargli, non badargli! ma quel momento deve venire, è inutile!...»

«Oh, Natale! non dir questo, ti prego,» supplicò la mamma. «Quel ragazzo è un cruccio anche per me; ma dobbiamo pensare ch’è il solo che abbiamo: tutti ti vogliono bene e devi sopportare se uno non te ne vuole....»

«Sì, ma può venire il giorno in cui sarei un vigliacco io, se sopportassi troppo.»

«Dio non voglia che quel giorno venga, figliuolo