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vivaio di donne sane moralmente, cresciute a quell’equilibrio delle facoltà intellettuali e morali che dà sicuramente la felicità. Badate, per felicità intendo non l’ebbrezza, ma quella serenità in cui l’animo, non turbato dalle esaltazioni, pare così ben preparato a ricevere e gustare ogni più delicata bellezza, ogni più lieve armonia, ogni più sottile profumo, sia della natura, sia dello spirito e degli affetti.

La felicità coniugale è così preziosa cosa che bisogna che la donna sia o molto depravata o molto sciocca se non fa di tutto per ottenerla e conservarla: e se dissi ch’io penso elle le donne oneste e quindi felici, aumenteranno sempre più, è perchè sono convinta che la coltura dello spirito, diffondendosi, non può che illuminare ed elevare.

Certo, la prima cosa da esigere è l’affinità di educazione. Dopo, lo studio reciproco deve essere di comprendersi in tutte le sfumature del carattere e in tutti i giorni della vita che non si vissero insieme.

Certe abitudini, certi dolori, certe felicità infantili spiegano l’indole del carattere presente, e ci fanno compatire certi difetti, ci in-

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