Pagina:Albini - Voci di campanili.djvu/52

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e il monastero maggiore 49

che scendono dall’alta torre romana ch’è sopra la loro testa, che escono dalle finestre dell’artistica chiesa ch’è al loro fianco.

Sentite com’è eloquente, palpitante, indimenticabile il racconto che le pietre e i monumenti della città ove siamo nati ci fanno di tutta la storia politica, religiosa e artistica della patria nostra!

La massiccia torre eretta dall’imperatore Massimiano, restaurata dal vescovo Ansperto, ha sfidato i secoli per poter raccontare ai nostri figlioli che ci fu un tempo in cui Roma, padrona del mondo, portò qui la prepotenza del suo impero, la magnificenza della sua arte, la sapienza delle sue leggi, la corruzione della sua civiltà; e come qui, al contatto di questo popolo attivo, schietto, semplice e credente, si siano molte volte smorzate certe velleità di tirannie e di crudeltà.

Nell’immenso e ricco palazzo che si fabbricò fuor delle mura della città, tutto circondato da giardini e da orti, Massimiano provò la dolcezza del riposo e il desiderio di prolungarlo; forse un rimpianto della vita semplice di pastore in cui era cresciuto nella sua Pannonia, e si decise a rinunciare al potere, salvo a pentirsene e a tentar di riprenderlo più tardi.