Pagina:Alcuni discorsi sulla botanica.djvu/174

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porporino, la pallida viola, la verbena pingue, il languido giacinto, l'ibisco gracile, il citiso fiorente, la rosa rubiconda, il serpillo olezzante, il rosmarino, l’aneto gradevole, l'elleboro, l’aconito, la scilla, la mirra, l’incenso.

Anche Strabone, che scrisse intorno a que’ tempi la sua Geografia, accennando ai prodotti naturali dei varj paesi soggetti al Romano impero, non pure ricorda buon numero di piante, ma di parecchie ancora nota con assai precisione entro quai limiti le possano vegetare felicemente. Il suo nome pertanto non vuol essere taciuto in una storia per quanto sommaria di nostra scienza. E valga il vero, se Teofrasto per comune consenso dei dotti è salutato fondatore della Geografia botanica, a Strabone s’appartiene il merito d’avere pel primo fatte conoscere le strette attinenze, che questa ha colla Geografia universale — Del pari non potrei passare al tutto in silenzio Aulo Cornelio Celso, vissuto pur esso durante il regno di Augusto e di Tiberio, autore di quella eruditissiina opera delle arti, dove trattò di filosofia, di rettorica, di tattica, di agricoltura, di medicina. Di essa non rimangono che alcuni capi spettanti all’arte salutare, nei quali, tra le tante altre isquisite e peregrine cose, è fatta altresì menzione di ben 230 piante, che è più di quante ne abbiano nominate Catone, Varrone Virgilio presi insieme. Se non che quel dotto medico non ne descrive alcuna per minuto, nè si occupa di argomenti che