Pagina:Alcuni discorsi sulla botanica.djvu/48

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gli arbusti d’ogni genere copronsi di fiori bianchi. Di mezzo alle molte migliaja di fiori di questo colore, che appajono sui meli, sulle ciliegie, sulle fragole e sui peri, appena è, dice Martin, «che l’occhio possa di luogo in luogo arrestarsi su qualche cima di mandorlo, o di pesco dai fiori rossicci.» Nè vogliate credere, che ciò sia fatto a caso. Anche in questo vuolsi riconoscere una sapientissima disposizione di natura. È noto, che il color bianco serba nei corpi più a lungo il calorico, laonde quelle parti della pianta, che biancheggiano, per quantunque dilicatissime, ponno meglio avvantaggiarsi dello scarso grado di calore, che nei climi freddi e nei temperati accompagna la stagion primaverile. «Ma non sì tosto coll’avvicinarsi della state è cessato un tale bisogno, eccovi spuntare da ogni parte fiori con tinte più cariche. Quà le iridi porporine, là i rossi papaveri, altrove le azzurre aquilegie, i gialli ranuncoli, i fulvi cisti, e di mezzo alle dorate spighe de’ cereali l’adonide dal fior miniato e tant’altre generazioni di fiori variopinti.» E meritano questi fatti tanto più l’attenzione del naturalista, in quanto che appalesano in tutto il creato una mirabile armonia di fini e di mezzi, e porgono così, anche nelle minime cose, una luminosa prova della provvidenza divina.

Ma altri prodigi ancora ne disvela il grazioso regno di Flora. Evvi una quantità di fiori, perfino tra i più comuni, tra quelli, che a così dire, noi calpestiamo