Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/115

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il monte circello. 75

Le più ferventi creature e belle;
Nè le costiere sicule, o le cento
Isole illustri che l’Egeo flagella,
Han più torbido mare e più sinistro
Di quel del core, allor che la tempesta
Rugge dei sensi a togliere le ingenue
Serenitadi; e l’intelletto langue;
E dall’anima vinta esce la belva
Crudele, insazïabile, codarda:
Onde poscia del solo oro la turpe
Onnipotenza; e su le tombe l’atea
Irrisïone a la seconda vita:
Onde l’ignavia cittadina, e il vile
Compatimento d’ogni rea catena;
E afflitta la virtude; e dei gagliardi
Le congiure impotenti, ed incompresa
Del pöeta la franca alma e la bile.”

     Non trepidare, Itala mia; da quelle
Vette di pietra l’incantesmo omai
È sparito. Sparì quel re mendico,
La cui stracciata tunica valea
Cento stemmate porpore: non altro
Resta di lui, che un ramoscel d’alloro,
Surto improvviso là dov’ei sedea,
E quell’allôr si curverà in corona
Quando in Italia sfolgori un pöeta.

     Vieni, allegrezza mia. Lassù di questa
Nobile terra e del tuo ciel nativo
Favelleremo, e in un pensier rapite,
Quali due frecce rapide ad un modo
Saliranno le nostre anime a Dio,