Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/22

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X due pagine autobiografiche

gamente nel suo segreto? Tale il tacere, tale il discorrere di mio padre. Eran due giorni, che quantunque al solito, fossimo sempre insieme, e si fosse parlato di mille cose; pure io vedeva che c’era una cosa che non mi aveva detto, e volea dirmi, e forse a dirmela gli recava amarezza. E bisogna sapere che, venuto due giorni prima nella mia stanza, trovò sul tavolino una carta; la lesse, la rilesse; sbirciandolo, mi parve non gli spiacesse: ma la depose senza far parola; ed era una mia canzone. Finalmente, fosse l’effetto del luogo aprico, dell’aria mite e profumata, dell’ora quieta che invitava a confidenze, egli si volse e mi guardò in tal maniera, ch’io dissi tra me e me: ci siamo. E difatti improvvisamente uscì con queste parole:

— Figlio mio, sai s’io t’amo: da’ retta; non ti mettere sulla via del poeta; ti condurrà a male: parrai uno strambo, uno stordito fra la gente; trascurerai i fatti tuoi; sciuperai il tuo; e caduto dalle dorate nuvole della tua fantasia, ti troverai male su questa terra di calcolo.— Poi sorridendo, come se avesse temuto d’avermi mortificato, soggiunse:

— Pensa che carmen lo dicono venire da una certa Carmenta, una brava donna, madre di quel