Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/51

Da Wikisource.

un’ora della mia giovinezza. 11

Di caduti guerrieri: i solitari
Passeri che tornando in su la sera
Ruotano intorno al loro asil di selce,
Note metteano in guisa di sospiri,
E mi parevan l’anime vaganti
Dei sepolti laggiù: nè intesi al mondo
Tanti strepiti mai, come in quell’ora
Queta di vespro e in quel deserto alpino.


V.

      Ma, in un baleno, non so come, quella
Solitudine austera agli occhi miei
Trasfigurossi. Adusta era la chioma
A le selvette cedüe di quercia,
E sui rigidi rami ordia la brina
Le sue frange d’argento. Avea riarse
L’ultime poe sulle pendici il verno;
E solo qua e là qualche cipresso,
Fedel decoro a’ miei pampinei colli,
Dondolava la testa a le folate
Del rovaio, com’uom colto da tristi
Presentimenti.
                              Dal nevoso dosso
Del Baldo insino all’infime convalli
Subitamente s’incurvò la scena
A foggia di scalee d’anfitëatro;
Ed una folla, non so donde uscita,
Di popoli diversi d’idïoma
Inondò quella cerchia, attratta al bando
Di spettacolo novo.2
                                        Allor dai fessi