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470 arnalda di roca

Troveranno un sepolcro, ove le stanche
Membra celar con la crudel vergogna!

     Libera ancora sovra un’erta cima
Una imprudente campanella osava
Ridir Ave a Maria: da lunge un’altra
Risponderle parea; quasi un’austera
Coppia d’amici, che fidente parli,
Sull’imbrunir de le pensose sere;
De le cose del cielo.
                                        Oh! chi nell’ore
De la partenza memori potea
Udir le squilla del natal paese
Senza un pio turbamento, a lui natura
Un raggio di gentile alma negava!

     Tal non era d’Arnalda, e non dell’altre
Sciagurate compagne: ed essa pure
Actea parve ascoltasse: e ne la offesa
Mente quel dì le arrise, allor che i bronzi
Sonâr la gloria di sue dolci nozze,
Qual sovvenir di noti ed amorosi
Volti, di tetti placidi, di allegre
Feste e di tombe! E chi pensava ai gaudi
De le romite sere, ai delicati
Lavori smessi, quando il sol lambía
Col raggio d’oro le trapunte tele;
Chi il secreto desío rimeditava
E i guardi, e le furtive orme, e il pudore
D’un cognito donzello, e l’infinita
Soavità d’un bacio fuggitivo.
E la madre? Oh la madre era di molte