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le prime storie. 51


     Tal vive ancor ne la selvaggia villa19
Di Maïpuri un parrocchetto annoso
Che stride un verso de la spenta lingua
D’un popolo che sparve. A chi vïaggia
Per le infocate regïon che irrora
Lo spumante Orenoco, e giunge in parte,
Dove per mille attraversate rupi
L’onda perpetua muggendo si frange;
A lui dinanzi sterminata e bruna
Una muraglia di granito occorre.
Di lassù l’ammirato occhio vagheggia
Quella vergine terra, quelle cento
Isolette cresciute in mezzo al fiume,
Come conche di fiori; e l’avoltoio
Che manda l’ombra de le larghe ruote
Sopra le immense prateríe del Meta
E scorge di lontan sull’orizzonte
Qual nube scura disegnarsi in cielo
Il monte d’Unïana. Il caprimulgo
Crocida invan col verso de la fame,
Chè sopra tutto, via, per la campagna
Lontanamente mugghia la profonda
Voce dell’Orenoco. Ivi sull’alto
È un pianoro, una selva, e la caverna
D’Ataruipe. Se cacciando passa
Giù per le valli il nomade dipinto,
Il più mesto le invía de’ suoi saluti;
E l’indïana raccomanda il caro
Lattante, che si trae dopo le spalle,
A le virtù dei nobili defunti;
Poi che lassuso un consanguineo dorme
Popol di forti. Al limitar di pietra,
Spiega la benisteria i suoi corimbi