Pagina:Alencar - Il guarany, I-II, 1864.djvu/164

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Nel mentre proseguiva in questo lavoro, i due avventurieri, osservandolo, si passavano alternatamente la bottiglia di vino e faceano congetture e supposizioni.

Loredano già cavava da buona pezza, quando il ferro urtò in un oggetto duro, che lo fece tintinnare.

— Per dio, sclamò: eccolo!

Dopo alcuni istanti estraeva dal buco uno di quei vasi verniciati, che gli Indiani chiamavano camuci; era piccolo e chiuso da tutte parti.

Loredano, prendendolo colle due mani, lo scosse, e sentì l’impercettibile dibattimento che facea dentro un oggetto.

— Eccovi, disse egli lentamente, il tesoro di Roberto Dias; è nostro. Un poco di pazienza, e saremo più ricchi del sultano di Bagdad, e più potenti del doge di Venezia.

Loredano battè sulla pietra col vaso, che si fece in pezzi.

Gli avventurieri, cogli occhi avidi, bramosi, aspettandosi di veder correre onde d’oro, di diamanti e smeraldi, Rimasero stupefatti.

Dal seno del vase uscì fuori soltanto un piccolo ruotolo di pergamena, coperto da un cuoio vermiglio, e legato in croce da un filo grigiastro.

Loredano colla punta del pugnale ruppe il laccio, e aprendo rapidamente la pergamena mostrò agli avventurieri un ruotolo scritto in grandi lettere vermiglie.

Ruy Soeiro mise fuori un grido: Bento Si-