Pagina:Alencar - Il guarany, II, 1864.djvu/36

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Loredano si presentò a don Antonio.

— Ebbene? disse il fidalgo.

— Accetto.

— Bene; manca adesso una sola cosa, che Ayres Gomes di certo non vi avrà detta.

— Quale, signor caveliere?

— È che don Antonio de Mariz, disse il fidalgo posando la mano sulla spalla dell’avventuriere, è un capo rigoroso per la sua gente, ma però un amico leale pe’ suoi compagni. Sono qui il signore della casa e il padre di tutta la famiglia, cui al presente appartenete.

Loredano chinossi in segno di aggradimento, ma sovratutto per ascondere l’alterazione della sua fisonomia.

Udendo le nobili parole del fidalgo, si sentì conturbare, perocchè già fin d’allora rivolgeva nell’animo il disegno di quella trama che si rivelò un anno dopo.

Uscito dal luogo ove nascose il suo tesoro, l’avventuriere camminò dritto alla casa di don Antonio de Mariz, e chiese l’ospitalità che a nessuno si ricusava: era sua intenzione passare al Rio de Janeiro, per avvisar colà ai mezzi di valersi della sua fortuna.

Due idee eransi presentate al suo spirito nell’atto che si vide in possesso dell’itinerario di Roberto Dias.

Andrebbe in Europa a vendere il suo secreto a Filippo II, o a qualche altro sovrano di una nazinoe potente e nemica di Spagna?