Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/201

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il suo riflesso rosato; gli occhi scintillavano; e le labbra aprendosi alquanto per respirare l’aria pura e balsamica del mattino, pareano atteggiarsi ad un grazioso sorriso.

La speranza, quest’angelo invisibile, questa dolce amica dei soffrenti, era venuta a posarsi nel suo cuore, e mormoravate all’udito parole confuse, canti misteriosi che non comprendea, ma la consolavano versando nella sua anima un balsamo soave.

Tutte le persone della casa provavano un non so che di insolito, un ravvivamento, un principio di ben essere che rivelava una grande trasformazione operatasi nella condizione della sera; era più che speranza, benchè meno che certezza.

Solo Isabella non partecipava a quella impressione generale; come sua cugina, essa pure era venuta a contemplare quell’irradiamento del giorno; ma per interrogar la natura e chiedere al sole, alla luce, al cielo, se le immagini lugubri che le passarono e ripassarono dinanzi nella sua lunga veglia, erano una realtà o una visione.

Cosa singolare! Quel sole sì brillante, quella luce splendida, quel cielo azzurro, che aveano rallegrato gli altri e doveano ispirare a Isabella gli stessi sentimenti, le parvero all’opposto un’amara derisione.

Confrontò la scena sfolgorante, che si appresentava a’ suoi occhi, col quadro che si pingeva nella sua anima; nell’atto che la natura sorri-