Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/222

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l’occaso la loro ora estrema; e le ombre dell’eternità già si stendevano come le ombre della notte.

Gli Aimorè, dopo il combattimento in cui gli avventurieri aveano venduta cara la loro vita, eran tornati; e ogni volta più bramosi di vendetta, aspettavano che annottasse per assaltar la casa.

Certi questa volta che il nemico, stremo di forze, non resisterebbe a un assalto disperato, aveano pensato a distruggere ogni mezzo che potesse favorire la fuga di un solo dei Bianchi.

Ciò era facile: all’infuori della scala di pietra, la roccia formava da ogni parte un dirupo; e solo l’albero, che spandeva i suoi rami sopra la capanna di Pery, offriva un punto di comunicazione a chi avesse l’agilità e la forza dell’Indiano.

I selvaggi, che non voleano lasciarsi sfuggire un solo dei nemici, e ancor meno Pery, abbatterono l’albero, e troncarono così l’unico passaggio, per cui si potesse uscir dalla roccia nel momento dell’assalto. Al primo colpo della scure di pietra sopra il grosso tronco dell’oleo, Pery trasalì, e afferrando la carabina già stava per isfracellare la testa del selvaggio; ma sorrise e accostò tranquillamente l’arma alla parete.

Senza inquietarsi dell’opera di distruzione degli Aimorè, continuò il suo lavoro interrotto, e terminò di torcere una corda fatta dei filamenti