Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/232

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Cecilia, addormentata sopra la seggiola, sorrideva come se qualche sogno lieto l’accarezzasse nel suo sonno tranquillo; il volto un po’ pallido, contornalo dalle bionde treccie de’ suoi capelli, avea l’espressione soave della felice innocenza.

Il fìdalgo, contemplando sua figlia, provò un dolor pungente, e quasi si pentì di non aver accolto l’offerta di Pery; e tentato ancora quest’ultimo sforzo per difender quella vita, che appena cominciava ad espandersi.

Ma potea egli mentire al suo passato e venir meno al dovere imperioso che l’obbligava a morire al suo posto? Potea tradire nella sua ultima ora coloro che avean diviso la sua sorte?

Tal era il senso di onore in quegli antichi cavalieri, che don Antonio non accolse neppur un istante l’idea di fuggire per salvare sua figlia: se ci fosse altro mezzo, di certo lo riceverebbe come un favore del cielo; ma quello era impossibile.

Nell’atto che lo spirito del fìdalgo dibattevasi in questa lotta crudele, Pery, allato a Cecilia, parea cercasse ancora di proteggerla contro la morte in evitabile che la minacciava.

Sarebbesi detto che l’Indiano attendeva qualche soccorso impreveduto, qualche miracolo che salvasse la sua signora, e che spiasse il momento di far per essa quanto fosse possibile all’uomo.

Don Antonio, vedendo la risoluzione che si pingeva nel volto del selvaggio, si fece ancora