Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/255

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Che effusione di riconoscenza e di ammirazione non ci aveva nello sguardo di Cecilia! Era in quel momento che comprendeva tutta l’annegazione del culto santo e rispettoso che l’Indiano le votava!

Le ore scorrevano silenziose in quella muta contemplazione; la brezza leggera, che annunzia lo spuntar del giorno, sfiorò il volto della fanciulla; e poco appresso il primo albore del mattino diradò la tinta fosca dell’orizzonte.

Sopra il rilievo formato dal profilo oscuro della foresta, nelle ombre della notte, splendeva limpida e gaia la stella del mattino; le acque del fiume si commossero dolcemente; e i ventagli della palma si agitarono mandando un lieve rumore.

La fanciulla si sovvenne del suo risvegliarsi tanto placido di altra volta, delle sue mattine così scevre di cure, della sua preghiera così viva e piena di riso, con cui rendea grazie a Dio della buona ventura, che versava sopra di lei e della sua famiglia.

Una lagrima spuntò sulle sue ciglia rosate, e cadde sulla faccia di Pery; aprendo gli occhi e scorgendo ancora la stessa dolce visione che l’avea addormentato, l’Indiano stimò che il sonno continuasse.

Cecilia sorrise, e passò la mano dilicata sulle palpebre ancora socchiuse del suo amico.

— Dormi, diss’ella, dormi; Cecy veglia.

La musica di quella parole risvegliò interamente il selvaggio.