Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/81

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nuava le sue dolorose riflessioni; il fidalgo serbava ancora tutta l’antica fermezza e coraggio, ma dentro di sè avea perduta la speranza.

Dal lato opposto Cecilia, postasi a giacere sopra un sofà, pareva svenuta; il suo viso sì pieno di vivacità, il suo corpo leggiero e grazioso, franto da tante emozioni, abbandonavasi con indolenza sopra una coltre di damasco.

La sua mano cadeva immobile, come fiore cui fosse stato reciso lo stelo dilicato; e le labbra scolorate agitavansi tal fiata mormorando una preghiera.

Co’ ginocchi sulla sponda del sofà, Pery non levava gli occhi di dosso alla sua signora; sarebbesi detto che quella blanda respirazione, che faceva rialzare il seno della fanciulla, e che esalava dalla sua bocca semiaperta, era l’aura che alimentava la vita dell’Indiano.

Dal momento della rivolta non lasciò più Cecilia; la seguiva come la sua ombra; la sua devozione, già sì ammirabile, avea toccato al sublime nell’imminenza del pericolo.

In que’ due giorni egli avea fatto cose incredibili, vere follìe di eroismo e di annegazione.

Accadeva che un selvaggio, approssimandosi alla casa, mettesse un grido, cagione di lieve sbigottimento alla fanciulla.

Pery lanciavasi come una saetta, e prima che avessero avuto tempo di arrestarlo, passava fra un nugolo di freccie, arrivava all’orlo dello spianato, e con un tiro della sua carabina abbatteva