Pagina:Alencar - Il guarany, III-IV, 1864.djvu/98

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La necessità della difesa contro il nemico comune arrecò una sospension d’armi. In cima all’ambizione stava l’istinto della vita e della conservazione. Il conflitto degli interessi e degli odii cedette il posto alla maggior lotta delle due razze nemiche.

Perciò, al primo assalto dei selvaggi, tutti, per un moto spontaneo, giudicarono si dovesse respingere il nemico, e salvare la casa dalla rovina ond’era minacciata.

Dipoi nuovamente si separarono, e sempre tenendosi d’occhio, sempre pronti a difendersi l’un dall’altro, i due drappelli continuarono a respingere gl’Indiani col maggior coraggio.

In quel mezzo Loredano che si era costituito il capo della rivolta, non abbandonava il suo proposito di impadronirsi di Cecilia, e vendicarsi di don Antonio de Mariz e di Alvaro.

Il suo spirito tenace si travagliava incessantemente in cerca dei mezzi per giungere a quel risultato; assaltare apertamente il fidalgo era una follìa che non dovea commettere.

La minima lotta tra di loro li dava in mano tutti quanti ai selvaggi, come quelli che eccitati dalla vendetta e dai loro istinti sanguinari e feroci, assaltavano infaticabilmente e senza posa la casa.

L’unica barriera che riteneva gli Aimorè era la posizione inespugnabile della casa, posta sopra una roccia, solo accessibile da una parte; dalla scala di pietra descritta nel primo capitolo di cotesto racconto.