Pagina:Alessandro Volta, alpinista.djvu/47

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il volta alpinista 43

conto. Ed aggiunge: «Quello però che potemmo raccogliere dai diversi tentativi è che l’aria a quelle grandi altezze non è gran fatto men carica di flogisto che nelle stazioni inferiori, come aspettato ci saremmo; anzi, ci parve, più d’una volta, che lo fosse alquanto di più».

E dopo aver citate altre prove posteriormente fatte, come quella del confronto fra l’aria montanina e saluberrima di Bormio e la palustre, perniciosa di Colico, confronto eseguito da lui stesso nel 1778, così conclude: «L’esperienza non ha dunque confermato quello che troppo precipitosamente si era voluto avanzare; cioè che l’aria ne’ contorni paludosi sia più abbondante di flogisto, o in qualsivoglia modo più vicina a rimanerne saturata che altrove; e molto meno che la salubrità o insalubrità di diverse arie, sia in ragione che esse sono più o meno distanti da questo termine di saturazione. Vi hanno senza dubbio indipendentemente dal flogisto altri elementi che influiscono sulla bontà dell’aria e sulla salute dei viventi che la respirano; e il decantato istrumento, cui si è dato troppo generosamente il nome di eudiometro, sarà sempre inabile da sè solo ad iscoprirci le arie che sono veramente infette e morbose: esso varrà soltanto ad iscoprirci quelle che sono mofetiche, o che partecipano più o meno della natura delle mofette».

A proposito di «arie mofetiche» il Volta fece lassù altre esperienze e precisamente quelle di esaminare l’aria pescata dal fondo dei laghetti del San Gottardo. E riferisce: «Quest’aria, che raccolsi in buona dose, trovai essere della solita aria infiammabile che ho scoperto stanziare generalmente in fondo a tutti i fossi ed acque morte. Comecchè però lo stesso sia il principio e la produzione di quest’aria infiammabile, pur colassù è sembrato più mirabile il ritrovarne, attesa la strana altezza, la natura del monte e del recipiente medesimo in cui raccolte trovansi quelle acque, che sono ceppi di sasso vivo scavati, con sul fondo qualche piccolo sedimento di terra o loto leggiero, formatovi dalla macerazione di alcune erbe; e sopratutto atteso il quasi perpetuo rigidissimo freddo che tien que’ laghi stretti in durissimo ghiaccio più di due terzi dell’anno».

La discesa dal monte fino alla città di Lucerna viene così narrata: «La discesa del San Gottardo, dalla parte di là fino a Staeg, dove comincia la Valle del Reuss ad esser piana, e più avanti ad allargarsi in bei prati fino ad Altorf, anzi fino a Fruelen, capo del lago di Lucerna, distante da Altorf più di un grosso miglio; la discesa, dissi, del San Gottardo fino a Staeg è più corta