Pagina:Alexander Pope - Lettera di Eloisa ad Abelardo.djvu/14

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     In quest’ermo ricetto, eterna meta
Del viver mio, sotto questi orrid’archi,
Ove al merigge incerto lume appena
195Giù dagli alti discende angusti varchi,
Soave calma e sovrumano riso
Spandean già tue pupille, e, a lor concordi,
Fean della gloria i rai più chiaro il giorno.
Ma, oimè! il contento dal divin tuo volto
200Più quà non giunge: tutto inonda il lutto.
Mira or tu come delle alterne preci
Senta in me la virtù ( pietoso inganno
Di ardente carità! )... Ma qual poss’io
Nelle preci non mie ripor fidanza?
205Vien tu, sposo, german, padre ed amico:
Di me, tua suora, ancella tua, tua figlia,
Deh ti prenda pietà! Pietà ti prenda
Della tua cara in fin: nome, che tutti
I più teneri nomi in sè raccoglie.
210I foschi pini, onde le spalle carche
Han queste rupi, ed aquilon si frange:
L’ errante rivo, che fra i poggi splende;
L’antro, che alle sonanti acque risponde;
L’ aura, che moribonda in tra le foglie
215Mormora, e ’l lago che s'increspa al vento,
Fausti per me, d’altri pensieri avvinta,