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Pagina:Alfieri, Vittorio – Della tirannide, 1927 – BEIC 1725873.djvu/123

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libro i - capitolo vi
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il rimuovono, se non è in lui un iddio che lo spinga a viva forza innanzi contra ogni ostacolo.

Il principe, per naturale sua indole, pende sempre maggiormente per i mediocri; o come piú vicini alla capacitá sua, e perciò meno offendenti la sua ideale superioritá; o come piú arrendevoli al tacere, o al parlare a modo suo. Ma pure, anche i grandissimi ingegni, per onta loro e dei tempi, si sono spesse volte imbrattati fra il lezzo delle corti: e quel principe protettore dovea tacitamente in se stesso applaudirsi, e non poco, di aver loro scemata co’ doni ed onori quella preziosa libera bile, che sola è madre d’ogni bell’opera. Accorto adunque e veramente saputo è quel principe che non meno protegge i sommi letterati che i mediocri: perché dai mediocri ne ottiene per sé quella glorietta, che è la giusta misura del merito suo, poich’egli se ne appaga: dai grandi ne ottiene spessissimo il disonor di se stessi, o almeno la tregua di quella loro guerra che gli arrecherebbe danno, assai piú che utile non gli arrechi lo smaccato lodar di quegli altri.

Capitolo Sesto

Che i letterati negletti arrecano discredito al principe.

Glorietta dunque, e splendore e lustro e quiete arrecano al principe i letterati protetti; ma negletti, gli apportan discredito. Nel sistema presente della nostra Europa, quasi tutti i principi mantengono degli accademici, non altrimenti che due secoli addietro soleansi mantener dei buffoni, di cui però assai piú si valevano. Quindi un principe che trascuri le lettere, corre rischio oggidí che un qualche suo suddito letterato e negletto da lui, non cerchi, e ritrovi, pane ed onori in casa d’altro principe; del che a lui sará per tornarne grand’onta. Gli uomini sempre ciechi, sempre leggieri al credere, e paghi di quel che pare, sono presti tutto dí a dare lode a quel principe il quale, non si valendo in nulla dei letterati, e in ogni cosa operando