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ii. del principe e delle lettere
 



sotto un principe che le protegga, e che anche le lasci alquanto sfogare, vengono riputate molto ardite, e il letterato pare un uomo di gran nervo e coraggio, allorché si osa pronunziare in qualche libro, o predica, o altra pubblica orazione, le seguenti parole: «L’ignoranza è al fine apertamente combattuta e vinta: è giunto quel felice momento, in cui si ardisce arrecare la nuda veritá ai piedi del trono, ecc.». La veritá ai piedi dell’errore e dell’inganno? la veritá, che sussistere non può né trionfare, se non distruggendogli entrambi? Si può egli concepire un’idea piú falsa, una frase piú adulatoria ed iniqua? All’incontro, le lettere non protette, e il veramente libero letterato, sarebbero pure costretti di dir cosí: — È giunto al fine, o dée farsi giungere, quel felice momento, in cui la nuda veritá semplicemente manifestata ai popoli oppressi, viene da loro riposta sul trono, ove sola dev’essere, e sovra tutti indistintamente, per via delle giuste leggi, sola regnare. — Questo pensiero (anche rozzissimamente espresso se pure mai lo può essere) paragonato coll’altro, che fosse anche esposto dallo stesso Cicerone, non proverá egli ampiamente che le lettere sono assai piú perfette e piú utili dove cosí parlano che non dove parlano nel modo contrario?

Io dunque conchiudo in questo capitolo che pare che le lettere abbisognino di protezione al perfezionarsi, ma che cosí non è; dovendosi sempre intendere per vera perfezione d’una cosa qualunque, il maggior utile ch’ella arrechi a un piú gran numero d’uomini. E non solamente dico che le lettere non protette dal principe possono arrecare piú utile a un maggior numero d’uomini, ma che le sole non protette lo arrecano veramente; in vece che le protette, sotto l’aspetto di giovare, assaissimo nuocono; poiché tolgono allo scrittore, e quindi al lettore, la facoltá di spingere quanto piú oltre egli possa il suo pensare e ragionare; e poiché in somma, con quella loro nuda eleganza e felicitá di stile, elle danno credito e perpetuitá a mille errori, politicamente dannosi e mortiferi.