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E, senza piú dire dei filosofi, parmi dagli esempli aver provato abbastanza che quella filosofia, ch’io volentieri chiamerei «la scienza dell’uomo», e che è la prima parte e base d’ogni vera letteratura, viene sbandita, perseguitata ed oppressa dal principato; e sarebbe oramai dal mondo estirpata, se in diversi tempi le diverse repubbliche ricoverata non l’avessero. E quella parte di essa, che diviene poi il necessario condimento d’ogni qualunque libro, si vede piú o meno negli scritti abbondare, secondo che piú o meno è schiavo l’autore ed il popolo nella cui lingua egli scrive.
Esaminiamo ora gli oratori. Da prima, se io miro ai due sommi, Demostene e Cicerone, erano pur nati in repubblica; e di quanti altri ottimi la Grecia e Roma non abbondarono? Ma, se lo sguardo rivolgo ai moderni oratori di principato, li trovo esser pochi, e assai meno grandi, e vuoti di cose, e neppure sanamente adorni di faconde e sublimi parole; e in somma, di politici li veggo trasfigurati interamente in sacri o in panegiristi; ottimi forse in tal genere, ma molto meno conosciuti e letti e gustati: i sacri, per essere la materia che trattano piú venerata che amata; i panegiristi, nauseosi quasi sempre, come vili menzogneri tributari o del vizio o dell’errore potente; e come tali, meritamente obliati. E quali altri oratori può esservi nel principato? che hanno eglino a dire? dove a parlare? chi ad ascoltarli?
Passiamo agli storici. Tra la inutile folla di essi, pochi pur sempre ritrovo essere stati gli storici sommi, ed eran greci, ed eran romani, e sono inglesi; cioè sempre e liberi e non protetti scrittori. E chi si attenterá di mettere gli storici schiavi e protetti a confronto dei liberi sprotetti? Tucidide, Polibio, Senofonte; Livio, Sallustio, Tacito, Hume, Robertson, Gibbon; si udiranno forse a fronte di costoro rammentare i Patercoli, i Flori, i Varchi, i Segni, gli Adriani, i Guicciardini, i De Thou, i D’Orlèans o che so io? E tralascio tante migliaia d’altri storici non saputi, non letti e non apprezzati; sí, perché timidi tessitori erano di storie di paesi che, non avendo prodotto uomini, nulla insegnano all’uomo, e non meritano quindi