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ii. del principe e delle lettere
 



per se stessi abbastanza risplendono nel principato, senza mendicare appoggio veruno nel principe: onde, ancorché signore dell’opinione, il principe non li può far comparir vili perché non lo sono; né li può opprimere, né screditarli, perché sono in bastante numero da dar ombra, e da contrappesare i vili veri, che sono quei nobili che servono a lui. Questa repubblichetta nel principato, da principio modesta e discreta, legge, ragiona e pensa fra sé, rimota affatto dal volgo profano; ogniqualvolta fra essa nasce e si scuopre un vero uomo grandissimo, ella lo invia fuori del chiuso a predicar da lontano, senza riguardo nessuno, la schietta e divina veritá, per mezzo di convincenti, energici ed eleganti scritti. Rimangono gli altri frattanto quasiché liberi nella loro natía servitú. Onorati essendovi dell’odio o del finto disprezzo del principe, vengono essi necessariamente rispettati dai buoni e dal popolo; perché si mostrano e sono umanissimi, e popolari, e d’intatto costume; alcun pericolo vanno però sempre correndo; ma di alto animo sono costoro, e gli alti esempi che nei sublimi libri ritrovano, accrescono e rettificano in loro ogni giorno quel nobile e giusto ardire, i di cui semi, innati giá in essi (ma diretti male) a loro ed ai lor maggiori, per la falsa causa del principe, faceano giá esporre ogni giorno e gli averi e la vita. Ma ancorché eccessiva sia e sfrenata e terribile, ritorna pur sempre vana contr’essi la superba ira del principe; perché costoro nulla affatto vogliono da lui; e costoro di lui nulla temono, perché delle sue leggi, quai ch’elle siano, nessuna ne infrangono; legge espressa non vi potendo mai essere, che proibisca il giusto pensare, e che costringa gl’individui tutti a servire il sovrano. Né alcun principe mai avrebbe la sfacciatezza di punire chi non disurba in nulla quell’universale letargo, che principescamente si appella la pubblica quiete. Perseguitano essi bensí sordamente e chi legge e chi pensa; ma chi non ha l’imprudenza di parlare co’ satelliti suoi, securo quasi può starsi. Inibiscono per quanto possono i buoni libri, ma molti sempre ne passano, e tutti i buoni non sono inibiti. Tra questi, come ho giá osservato, il solo Tacito, ben riletto, e pesato, e ragionatovi sopra fra pochi, e