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iii. panegirico
 



corteggio ha cangiate. I cittadini in folla lo accerchiano; beato si reputa chi piú lo ha mirato da presso; lui benedicono, lui vero padre con voci di giubilo gridano. Ritorna a poco a poco negli animi lungamente avviliti ed oppressi l’amor della patria, (or che patria può dirsi) il verace valore, l’emulazione al ben fare, l’ardente divino furore di acquistarsi con chiare opere eterna la fama. Incese veggio, incenerite e spianate quelle insultanti moli che sopra il Palatino torreggiano, giá destinate ad albergo di assoluto signore. Traiano è il primo ad abbatterle, ed in privata magion ricovrandosi, di ben altra grandezza ei fa pompa che non quei superbi vili signori, nel fare dei loro immensi edifici orgoglioso velo alla lor nullitá. Quell’alto seggio da cui nel senato ei mi ascolta, egli primo comanda che agli altrui si pareggi; ben certo è Traiano che fra gli altri sedendosi, non sará perciò mai fra gli altri confuso.

Al grido che tosto la rapida rimbombante fama di sí maraviglioso cangiamento fino all’estremitá dell’impero ne porta, in folla da ogni piú rimota parte di esso vengono i sudditi di ogni etá, d’ogni grado, a rimirar co’ loro occhi un uom sí divino, una cosí incredibile ed inaudita virtú; e testimoni poi ne riportano alle loro genti l’ammirazione l’amor di Traiano, della patria, della restituita libertá.

Ogni padre, baciando ed abbracciando i suoi figli, per allegrezza piange, ed esclama: — Figli miei, che tali da oggi soltanto a riputarvi e nomarvi incomincio, figli miei cari, assicurati mi siete da oggi e non prima. Osservando io le sacre leggi, non pavento che la violenza e la crudeltá dai miei lari oramai vi rapisca; da voi in tutta sicurezza e pace gli antichi moribondi occhi miei saran chiusi; voi, legittimi eredi delle sostanze mie, non tremo che spogliati ne siate; né voi, donzellette, dal fianco dei dolci ed amati mariti disvèlte: non l’ossa mie perturbate e disperse: non la mia fama, che assai peggio pur fôra, calunniata e ritolta. —

Lá veggo il ricco, non piú tremante, non piú sollecito nel custodire e nascondere i suoi tesori; che se male acquistati non sono, intatti glieli serberanno le leggi: in vece che