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i. della tirannide
 



irreflessiva ignoranza fa loro credere che, senza il tiranno, neppur quella semi-giustizia otterrebbero. Ma non potranno certamente mai pensare in tal modo coloro che tutto dí se gli accostano, e che ne conoscono l’incapacitá o la reitá; ancorché ne ritraggano essi splendore, onori e ricchezze. Troppo è nota a questi pochi la immensa potenza del tiranno, troppo care tengono essi quelle ricchezze che ne han ricevute, per non temere sommamente colui che le può loro nello stesso modo ritogliere; e il temere e l’odiare sono interamente sinonimi.

Ma pure, il timore, pigliando nelle corti la maschera dell’amore, vi si viene a comporre un misto mostruosissimo affetto, degno veramente dei tiranni che lo ispirano e degli schiavi che lo professano. Quello stesso Seiano che, nella grotta crollante e vicinissima a rovinare, salvava la vita a Tiberio con manifesto pericolo della propria, avendone egli dappoi ricevuti infiniti altri favori, congiurava pur contro lui. Seiano amava egli Tiberio in quel punto in cui pose se stesso a un cosí evidente pericolo per salvarlo? Certo no; Seiano in quel punto serviva dunque alla propria sua ambizione, nello stesso modo che ogni giorno vediamo nei nostri eserciti i piú splendidi e molli e corrotti officiali di essi affrontare la morte, non per altro se non per far progredire la loro ambizioncella e per maggiormente acquistarsi la grazia del tiranno. Seiano abborriva egli maggiormente Tiberio quando gli congiurò contra che quando il salvò? Assai piú certamente abborrivalo dopo, perché la immensitá delle cose da lui ricevute, gli facea piú da presso e con maggiore terrore rimirare la immensitá, piú grande ancora, delle cose che quello stesso Tiberio gli poteva ritogliere. Quindi, non si credendo Seiano in sicuro, se egli non ispegneva quella sola potenza che avrebbe potuto trionfar della sua, non dubitò poscia punto, anzi con lungo e premeditato disegno, imprese a togliersi il tiranno dagli occhi. Né ai Tiberi, in qualunque tempo o luogo essi nascano o regnino, toccar mai potranno altri amici se non i Seiani. Se dunque il tiranno è sommamente abborrito da quegli stessi ch’egli benefica, che sará egli poi da quei tanti che direttamente o indirettamente egli offende o dispoglia?