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Pagina:Alfieri, Vittorio – Della tirannide, 1927 – BEIC 1725873.djvu/93

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libro ii - capitolo terzo
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tanto la propria sicurezza, quanto la intera stima di se medesimo e la puritá della propria fama, entrambe sempre, o piú o meno contaminate, allorché l’uomo in qualunque modo si avvicina alla pestilenziale atmosfera delle corti.

Debitamente cosí, ed in tempo, allontanatosi l’uomo da esse, sentendosi egli purissimo, verrá ad estimare se stesso ancor piú che fosse nato libero in un giusto governo; poiché liber’uomo egli ha saputo pur farsi in uno servile. Se costui, oltre ciò, non si trova nella funesta necessitá di doversi servilmente procacciare il vitto, poiché la nobile fiamma di gloria non è spenta affatto nel di lui cuore dalla perversitá de’ suoi tempi, non potendo egli assolutamente acquistare la gloria del fare, ricerchi con ansietá, bollore ed ostinazione, quella del pensare, del dire e dello scrivere. Ma, come pensare e dire e scrivere potrá egli in un mostruoso governo, in cui l’una sola di queste tre cose diventa un capitale delitto? Pensare, per proprio sollievo, e per ritrovare in questo giusto orgoglio di chi pensa un nobile compenso alla umiliazion di chi serve; dire ai pochissimi avverati buoni, e come tali degnissimi di compassione, di amicizia e di conoscere pienamente il vero; scrivere finalmente, per proprio sfogo, da prima; ma, dove sublimi poi riuscissero gli scritti, ogni cosa allora sacrificare alla lodevole gloria di giovar veramente a tutti od ai piú, col pubblicare gli scritti.

L’uomo che in tal modo vive nella tirannide, e degno cosí manifestasi di non vi essere nato, sará da quasi tutti i suoi conservi o sommamente sprezzato ovvero odiatissimo: sprezzato da quelli che, per non aver idea nessuna di vera virtú, stoltamente credono da meno di loro chiunque vive lontano dal tiranno e dai grandi; cioè da ogni vizio, viltá e corruzione; odiato da quegli altri che, avendo mal grado loro l’idea del retto e del bene, per esecrabile viltá d’animo e reitá di costumi, sfacciatamente seguono il peggio. Ma e quello sprezzo di una gente per se stessa disprezzabilissima sará una convincente prova che un tal uomo è veramente stimabile; e l’odio di questi altri, per se stessi odiosissimi, indubitabil prova sará che egli merita e l’amore e la stima dei buoni. Quindi non dée egli punto curare né lo sprezzo né l’odio.