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atto secondo 187
tuo sdegno vaglia. Argía, di Adrasto è figlia;

di re possente: Adrasto, il sai, di Tebe
la via conosce, e ricalcarla puote.
Creon. Dunque, pria che ritorni Adrasto in Tebe,
Argía s’immoli. — E che? pietoso farmi
tu per timor vorresti?
Argia   Adrasto in Tebe
tornar non può; contrarj ha i tempi, e i Numi,
d’uomini esausto, e di tesoro, e d’arme,
vendicarmi ei non puote. Osa, Creonte;
uccidi, uccidi me; non fia, che Adrasto
ten punisca per ora. Argía s’uccida;
che nessun danno all’uccisor ne torna:
ma Antigone si salvi; a mille a mille
vendicatori insorgeranno in Tebe,
che a pro di lei...
Antig.   Cessa, o sorella; ah! meglio
costui conosci: ei non è crudo a caso,
né indarno. Io spero omai per te; giá veggo,
ch’io gli basto, e n’esulto. Il trono ei vuole,
e non l’hai tu: ma, per infausto dritto,
questo ch’ei vuole, e ch’ei si usurpa, è mio.
Vittima a lui l’ambizíone addita
me sola, me...
Creon.   Tuo questo trono? Infami
figli d’incesto, a voi di morte il dritto,
non di regno, rimane. Atroce prova
di ciò non fer gli empj fratelli, or dianzi
l’un dell’altro uccisore?...
Antig.   Empio tu, vile,
che lor spingevi ai colpi scellerati. —
Sí, del proprio fratello nascer figli,
delitto è nostro; ma con noi la pena
stavane giá, nel nascerti nepoti.
Ministro tu della nefanda guerra,
tu nutritor degli odj, aggiunger fuoco