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194 antigone
Creon.   — Or, dimmi:

sei parimente riamato?
Emone   Amore
non è, che il mio pareggi. Ella non m’ama;
né amarmi può: s’ella non mi odia, è quanto
basta al mio cor; di piú non spero: è troppo,
al cor di lei, che odiar pur me dovrebbe.
Creon. Di’; potrebb’ella a te dar man di sposa?
Emone Vergin regal, cui tolti a un tempo in guisa
orribil sono ambo i german, la madre,
e il genitor, daría mano di sposa?
e la darebbe a chi di un sangue nasce
a lei fatale, e a’ suoi? Ch’io tanto ardissi?
La mano offrirle, io, di te figlio?...
Creon.   Ardisci;
tua man le rende in un la vita, e il trono.
Emone Troppo mi è nota; e troppo io l’amo: in pianto
cresciuta sempre, or piú di pria nel pianto
suoi giorni mena. Un tempo a lei men tristo
risorgerá poi forse, e avverso meno
al mio amor; tu il potrai poscia...
Creon.   Che al tempo,
ed a’ suoi dubbj eventi, il destin nostro
accomandare io voglia? invan lo speri. —
Al mio cospetto, olá, traggasi or tosto
Antigone. — Di morte ella è ben rea;
dargliela posso a dritto; e, per me forse,
dargliela fia piú certo util partito...
Ma pur, mi sei caro cosí, ch’io voglio
lasciarla in vita, accoglierla qual figlia,
s’ella esser tua consente. Or, fia la scelta
dubbia, fra morte e fra regali nozze?
Emone Dubbia? ah! no: morte, ella scerrá.
Creon.   Ti abborre
dunque.
Emone   Tropp’ama i suoi.