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292 agamennone
cosí, Tieste, io disbramata alquanto:

se tutto no, cosí compiuto in parte
il sanguinoso orribil giuramento...
Ma, che dico? Il rivivere del padre,
scampa i figli da morte? — Ecco il corteggio
del trionfante re. Su via, si ceda
a stolta gioja popolare il loco.
Breve, o gioja, sarai, — Stranier quí sono
ad ogni festa, che non sia di sangue.


SCENA QUARTA

Popolo, Agamennone, Elettra, Clitennestra, Soldati.

Agam. Riveggo al fin le sospirate mura

d’Argo mia: quel ch’io premo, è il suolo amato,
che nascendo calcai: quanti al mio fianco
veggo, amici mi son: figlia, consorte,
popol mio fido, e voi Penati Dei,
cui finalmente ad adorar pur torno.
Che piú bramar, che piú sperare omai
mi resta, o lice? Oh come lunghi, e gravi
son due lustri vissuti in strania terra
lungi da quanto s’ama! Oh quanto è dolce
ripatriar dopo gli affanni tanti
di sanguinosa guerra! Oh vero porto
di tutta pace, esser tra’ suoi! — Ma, il solo
son io, che goda quí? Consorte, figlia,
voi taciturne state, a terra incerto
fissando il guardo irrequíeto? Oh cielo!
pari alla gioja mia non è la vostra,
nel ritornar fra le mie braccia?
Elet.   Oh padre!...
Cliten. Signor;... vicenda in noi rapida troppo
oggi provammo... Or da speranza a doglia
sospinte, or dal dolore risospinte