Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/60

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54 risposta dell’autore


Né mi si potrà mai con evidenza di sane ragioni dimostrare, che essendo ben detto temi, temete, e non temete possa essere mal detto, e nuocere alla retta intelligenza, non temi; pure non essendo stato detto dai buoni scrittori, mi conformerò all’uso, togliendo tutti questi imperativi illegittimi. Quanto al vezzo dei se, e me, e te riempitivi, l’ho diradato moltissimo, ed ella ha bene osservato.

E se io non m’inganno, eccomi al fine delle di lei dotte, e cortesi, ed amichevoli osservazioni; ed eccomi ad un tempo al fine delle mie lunghe, e forse non ben fondate risposte; a cui però troppe altre cose aggiunger potrei sulle proprietá dello stile tragico; ma per chi intende com’ella, bastano, mi pare, le dette: quante altre ne potrei dire, sarebbero per chi non intende pur sempre poche ed inutili.

Si accerti, amico mio stimatissimo, che io sarò in eterno riconoscente a lei di una tal lettera, in cui con pochissimo amaro cotanto ella mi mesce di dolce; e dalla franca non meno che erudita maniera, con che ella mi scrive, posso arguire che il dolce non è adulazione, né sbaglio; come altresí dalla sottigliezza e acume, con cui ella mi porge l’amaro, ne induco che l’amore soltanto dell’arte, non fiele, né eco di volgo, le dettava tai sensi.

Onde, col ringraziarla cordialissimamente dell’uno e dell’altro, e piú ancora del biasimo che della lode, credo io darle ben autentica prova della mia stima, e non perdere il dritto a conservarmi la sua.

Siena, a dí 6 Settembre 1783.

Vittorio Alfieri.