Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/64

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58 parere dell’autore

deboli, lunghe, snervate; o delle traduzioni simili, le quali neppure però hanno avuto quell’effetto di cui erano suscettibili stante la la bontá dell’originale, che potea pur far perdonare la prolissitá e fiacchezza della traduzione. Costoro non hanno mai neppure per ombra contentato nessuna persona di senso e di gusto: da prima perché non seppero mai bene la parte loro; perché cantarono i versi, e non li recitarono (se pure quei versi erano recitabili non cantando); perché non capirono per lo piú la metá di quel che cantarono, poi perché da ineducati come erano faceano mille cose indecenti in teatro, cioè di boccheggiare se avevano a morire, di contorcersi e sfigurarsi se aveano ad esprimere qualche passione che non sentivano; perché avean fatto due o tre sole prove, e male, in vece di dieci esatte che bisognavano; perché avidi solamente di guadagno, e a ciò sforzati dalla loro miseria, han pensato solamente a far guadagno, e non a far bene; perché chi gli ha diretti, o non sapeva, o non voleva, o non poteva, o bestemmiandoli non vedeva l’ora di liberarsi da cosí indocili, ignoranti, e presuntuosi scolari; perché hanno recitato oggi la tragedia nuova con impegno, come essi dicono, ma la sera prima una commediaccia, e la sera dopo una tragediaccia; perché, perché, etc., e ne infilzerei dei perché piú di mille. Ma ognuno li sa; e a ridurli tutti in uno, dico, che non v’è stato finora in Italia neppure principio di vera arte comica, perché nessun’arte si sa da chi con molto amore e calore non l’impara; e nessuno la impara se non v’è chi col ben giudicarne la insegni; e nessuno la insegna se non v’è cosa che meriti d’essere l’oggetto di quell’arte. Niuno al certo potrebbe dirigere e insegnare la egregia scultura dove non si potesse avere nessuna materia nobile e soda da far delle statue: cosí non c’è arte di recita in Italia finora, perché non vi sono tragedie, né commedie eccellenti. Quando elle ci siano, non può essere molto lontano il nascimento dell’arte di recitarle; perché le cose degne d’essere ben dette, si faranno per forza dir bene, tosto che a lettura saranno intese, gustate, e sentite; e tosto che il tedio dei presenti eunuchi che tiranneggiano le nostre scene, richiamerá al teatro gl’italiani per pascer la mente, ed innalzar l’animo, in vece di satollare l’orecchio, e fra la mollezza e l’ozio seppellire l’ingegno.