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168 merope
Ben lo vedi tu stessa; a mia vecchiezza

quale ho sostegno omai? Che giova un regno
a chi erede non ha?... Pur, poiché il figlio
spento tu assévri, e il credo;... almen ti posso,
se il figlio no, render consorte, e trono...
Mer. Che ascolto! Di chi parli?
Polif.   Di me parlo.
Mer. Oh nuovo, inaspettato, orrido oltraggio!
L’insanguinata destra ad orba madre
ardisci offrir, tu vil, che orbata l’hai?
Del tuo signore al talamo lo sguardo
innalzar tu, che lo svenasti? Il ferro,
quel ferro istesso appresentar mi dei;
nol temo, il reca... Ma, crudel, tu stimi
maggior supplizio a me il tuo tristo aspetto:
quindi ad ogni ora innanzi a me ti veggio;
quindi, a mi accrescer doglia, osi spiegarmi
tai sensi rei.
Polif.   Sfogo di madre afflitta,
ben giusto egli è. Meco il tuo sdegno appieno
esala or tu. — Ma, che vuoi dirmi? eterno
è in te il dolore? alla ragion piú loco
non dai? — Dimmi: e non vivi? Or, giá tre lustri
in pianto vivi, ed in mortale angoscia; —
pur la sopporti. Ogni piú cara cosa
ti è tolta, dici; e nulla al mondo temi,
nulla ami, nulla speri: — e in vita resti?
Dunque, in dar tregua a’ tuoi sospiri, ancora
senti che un dí per te risorger nuova
letizia può: dunque cacciata in bando
non hai per anco ogni speranza.
Mer.   Io?... Nulla...
Polif. Sí, donna, tu: ben fra te stessa pensa;...
vedrai, che forse il riavere... il... regno,
men trista vita a te potria...
Mer.   Ben veggo;