Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
atto quarto | 391 |
nell’empia grotta, ch’esser ti de’ tomba...
Tomba?... per me cadrai? No, mai non fia.
Che fai tu meco, iniquo acciar di Cosmo?
Lungi da me, stromento vile...
SCENA QUARTA
Eleonora, Garzia.
Garzia Madre, a che vieni? a mi sottrar tu forse
dall’imposto delitto!
Eleon. Oh ciel! mi manda
il crudo padre a te.
Garzia Che vuol?
Eleon. Ch’io venga
ad accertarmi, oimè! cogli occhi miei,
se ti appresti a obbedirlo. A Pier spettava
tal cura iniqua; ei nol trovò; me quindi
sceglieva... ahi lassa! E fra momenti io deggio
tornarne a lui; che gli dirò?
Garzia Che pura
mia mano è ancor: deh! cosí ’l fosse il labro! —
Ma, s’io il promisi, io d’obbedire or niego.
Va, digli...
Eleon. Oh ciel! non sai?... Se osassi a lui
ciò riportarne, a orribile periglio
io t’esporrei. Cieco è di rabbia...
Garzia E il sia;
e mi uccida; io l’aspetto.
Eleon. E Giulia?
Garzia Oh nome!
Eleon. Abbi di lei pietá; se averla nieghi
di tua misera madre, e di te stesso.
Garzia — Va dunque, e digli,... che obbedisco: intanto,