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ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Poppea, Tigellino.

Poppea Comun periglio oggi corriam; noi dunque

oggi cercare, o Tigellin, dobbiamo
comun riparo.
Tigel.   E che? d’Ottavia temi?...
Poppea Non la beltá per certo; ognor la mia
prevalse agli occhi di Nerone: io temo
il finto amor, la finta sua dolcezza;
l’arti temo di Seneca, e sue grida;
e della plebe gl’impeti; e i rimorsi
dello stesso Nerone.
Tigel.   Ei da gran tempo
t’ama, e tu nol conosci? Il suo rimorso
è il nuocer poco. — Or, credi, a piú compiuta
vendetta ei tragge Ottavia in Roma. Lascia
ch’opri in lui quel suo innato rancor cupo,
giunto al rio nuzíale odio primiero.
Questo è il riparo al comun nostro danno.
Poppea Securo stai? non io cosí. — Ma il franco
tuo parlar mi fa dire. Appien conosco
Nerone, in cui nulla il rimorso puote:
ma il timor, di’, tutto non puote in lui?
Chi nol vide tremar dell’abborrita
madre? di me tutto egli ardea; pur farmi