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94 agide
possono omai. Sparta, non io, si duole

d’Agide, e a darle di se conto il chiama.
Forza non altra usar gli vo’, (né s’anco
il volessi, il potrei) fuorché di torgli
ogni via di sottrarsi al meritato
giusto gastigo...
Agesis.   Giusto? — Oserai, dimmi,
quí appresentarlo, in questo foro, a Sparta
tutta adunata, e libera dal fiero
terror dell’armi tue?
Leon.   Noto finora
non m’è il voler degli efori; ma...
Agesis.   Noto
mi è dunque il tuo, pur troppo! Agide innanzi,
non agli efori compri, a Sparta intera
tratto esser debbe; o verrá Sparta a lui.
Ciò ti prometto, ancor che inerme donna;
se pria del figlio me svenar non fai.


SCENA QUINTA

Leonida, Agiziade.

Agiz. Io dal tuo fianco non mi stacco, o padre;

non cesso io, no, di atterrarmi a’ tuoi piedi,
non tue ginocchia d’abbracciar, se pria
lo sposo a me non rendi; o se con esso
me di tua man tu non uccidi.
Leon.   O figlia
diletta mia; deh! sorgi; a me dal fianco
non ti partir, null’altro io bramo. Hai meco
generosa diviso i tanti oltraggi
di rea fortuna, è ben dover, che a parte
della prospera sii: niun piú possente
sará di te sovra il mio cor: te voglio,